Barbaro è la parola onomatopeica (letteralmente i “balbuzienti”) con cui gli antichi greci indicavano gli stranieri, cioè coloro che non parlavano greco. Questi, non essendo di cultura greca, venivano chiamati barbari appunto. La stessa sillaba ripetuta che forma la parola (bar-bar) fa riferimento ad un altro significato affine: balbettante, a riprodurre quelli che ai Greci sembravano dei versi inintelligibili ed addirittura animaleschi.

Adrien Guignet, Serse presso l’Ellesponto
I più barbari tra i barbari
È interessante ricordare che gli sciti erano considerati dai greci come il più barbaro tra i popoli, anzi il popolo barbaro per eccellenza. Occasionalmente vengono sostituiti in quest’ultimo ruolo dai Persiani, soprattutto quando il Barbaro veniva presentato come minaccia.
Versi da pipistrello!
Ad esempio, Erodoto usa per descrivere la lingua di un popolo Etiope il verbo “τρίζειν”, normalmente usato per riferirsi al verso del pipistrello. Da qui nacque la distinzione tra Grecia e barbari. Il carattere prettamente linguistico della “grecità” si accentua con l’ellenismo, quando ogni uomo che parla, legge e scrive in greco è membro, oltre che partecipe, del mondo e della cultura greca.

Barbaro in epoca Romana
Il termine assunse un significato più correlato all’aspetto etnico ed ideologico nella Roma repubblicana. Veniva accentuata, rispetto all’uso greco, la “missione civilizzatrice” del popolo romano. In età imperiale il vocabolo avrebbe riassunto il significato ellenistico, con l’aggiunta di una certa sfumatura culturale. La mancanza di leggi scritte, di un alfabeto, ecc., erano le prerogative principali del barbaro, unite ad un fermo e testardo rifiuto dell’ordine romano.

Barbari moderni
Oggi il termine barbaro è normalmente utilizzato nel senso di “selvaggio”. Di persone senza educazione o comunque appartenenti ad un ambiente culturale sottosviluppato.
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Fonte: Wikipedia