Probiotici si o no quando si somministrano gli antibiotici, lo studio

Probiotici si o no quando si somministrano gli antibiotici, lo studio per chiarire l’utilità dei probiotici durante la terapia antibiotica.

Quanto serve assumere i probiotici durante il trattamento antibiotico? A cosa servono i probiotici? Il trattamento con antibiotici può portare all’alterazione della flora intestinale che solo con i probiotici rientra nei paramenti normali. Ecco, durate la terapia con antibiotici molti medici prescrivono anche un trattamento parallelo con i probiotici, Ma serve davvero? Un nuovo studio condotto da ricercatori della School of Medical and Health Sciences del Tecnológico de Monterrey (Messico), University of Texas e Texas Christian University (USA) conferma che si tratta di una buona prassi perchè assumere probiotici durante i cicli di antibiotico significa che i batteri buoni dei probiotici proteggono la salute dell’intestino, riducendo il rischio di diarrea e altri effetti collaterali. Ma andiamo nello specifico.

Probiotici si o no quando si somministrano gli antibiotici, lo studio

Innanzitutto dobbiamo dire che come sappiamo gli antibiotico sono vari e a seconda delle infezioni che vanno a curare, ma questi possono in egual misura andare a danneggiare il regolare svolgimento delle attività intestinali. Il microbioma è costituito da trilioni di organismi che vivono al suo interno, contribuendo a prevenire le malattie. Purtroppo, di solito, gli antibiotici non prendono di mira solo i batteri che causano un’infezione, anche quelli buoni che vanno invece a rinforzare l’organismo.

Probiotici si o no quando si somministrano gli antibiotici, lo studio

L a dottoressa Elisa Marroquin, della Texas Christian University ha affermato che “Come in una comunità umana, abbiamo bisogno di persone che svolgano professioni diverse perché non tutti sappiamo fare ogni lavoro. E così anche con i batteri. Abbiamo bisogno di molti batteri intestinali diversi che sappiano fare cose diverse. Anche se non abbiamo trovato un’unica definizione di ciò che è un microbioma intestinale sano, una delle cose costanti che osserviamo è che le persone sane hanno un livello più alto di diversità e più varietà di batteri nell’intestino”.

Grazie ad uno studio pubblicato sulla rivista Cell, si è riusciti a scoprire che l'Alzheimer colpisce di più una tipologia di persone. Ecco cosa c'è da sapere. L'Alzheimer è una malattia molto seria che indica la perdita di memoria e di tutte quelle abilità mentali che di fatto minano la vita nel quotidiano. Si tratta di una forma di demenza che colpisce circa il 5 per cento della popolazione e che da uno studio pare sia più diffusa in una determinata tipologia di persone. Si tratta senza ombra di dubbio di una scoperta che cambia in maniera radicale il modo di trattare questa malattia che a conti fatti è in grado di spazzare via tutta la memoria delle persone che ne sono affetti. Alzheimer, la scoperta che cambia tutto Grazie ad uno studio effettuato sui roditori è stato possibile scoprire che la malattia in esame è più frequente in una determinata tipologia di persone. In particolare è emerso che ad ammalarsi di più sono le donne e la causa sarebbe da ricercare nel fatto che all'interno del loro cervello sarebbe presente in misura maggiore rispetto agli uomini l'enzima USP11. Questa finisce per determinare un eccessivo accumulo di proteine di natura tossica con tutte le conseguenze del caso sulla salute. In genere queste vengono eliminate grazie agli enzimi ma può capitare che tale processo subisca delle anomalie e dunque cominci a non funzionare bene. In ogni caso, uno studio messo in atto sui roditori ha portato alla scoperta del fatto che mediante l'eliminazione nel cervello degli esemplari femmine l'enzima in questione, si può preservare gli animali dal declino di natura cognitiva. Di conseguenza, grazie a questo dato è stato possibile dimostrare che in presenza di un'attività dell'enzima USP11 nelle donne aumenterebbe il rischio di ammalarsi di Alzheimer. David Kang, della Case Western Reserve School of Medicine, si è espresso al riguardo affermando che si tratta di una scoperta che getta basi importanti per lo sviluppo di farmaci sempre più efficaci contro questa tremenda malattia. Per questo il team di esperti che è riuscito a raggiungere questo risultato si è detto estremamente soddisfatto.

Con 29 studi all’attivo in 7 anni, si è scoperto che nell’intestino di chi assumeva antibiotici avvenivano diversi cambiamenti, dovuti al proliferare di alcune specie batteriche rispetto ad altre, ma quando il trattamento era combinato con i probiotici, la maggior parte di questi cambiamenti era meno pronunciata e alcuni cambiamenti non avvenivano. I ricercatori hanno scoperto che i probiotici prevengono o riducono i cambiamenti indotti dagli antibiotici nei batteri intestinali e ne proteggono la diversità. Ripristinano popolazioni di batteri amici come il Faecalibacterium prausnitzii, noto per la capacità di ridurre l’infiammazione e potenziare la barriera intestinale. Secondo la dottoressa Marroquin, un intestino che perde alimenta le citochine pro-infiammatorie, proteine che alimentano la malattia aumentando il flusso sanguigno attorno ai siti di infezione. Non sembra esserci un motivo per rifiutare una prescrizione di probiotici quando vengono prescritti gli antibiotici.

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