Notizie certe sulla pratica della trasfusione di sangue nell’antichità non ve ne sono. In alcune opere mediche e letterarie si fa riferimento all’utilizzo del sangue, soprattutto per donare forza, bellezza o giovinezza. Tuttavia, ipotizzare che ciò avvenisse in senso trasfusionale appare una forzatura.

Sembra più probabile che la somministrazione fosse piuttosto per via orale, come pratica magica, comune a molti popoli e a molte epoche, ancor prima che medica.
Sangue di Gladiatore
In senso terapeutico Celso, enciclopedista e medico romano del I secolo a.c., pur avendo qualche dubbio, ricordava come fosse possibile curare l’epilessia bevendo il sangue del gladiatore appena sgozzato. Come medicina il sangue, dopo che era stato prelevato ad alcuni giovani, fu somministrato da un medico ebreo al pontefice Innocenzo VIII morente, per ridargli vigore. Sembra che le popolazioni sudamericane precolombiane eseguissero con successo trasfusioni, inconsapevolmente favorite dall’esistenza del solo gruppo 0.

La prima trasfusione di sangue
La prima notizia certa di una trasfusione come noi la intendiamo risale al 1667. Il medico di Luigi XIV, Jean-Baptiste Denys trasfonde sangue di agnello in un giovane, malato sembra di tifo. Il paziente comunque morirà e J.B.Denis sarà accusato di omicidio. La pratica però comincia a diffondersi anche se con risultati tanto negativi (si utilizza principalmente sangue animale) da venire immediatamente abbandonata. Nel 1679 a Roma il governo pontificio ne proibisce la pratica.

Primi successi
Bisogna aspettare il 1818 quando James Blundell, un ostetrico inglese, ricorre con successo ad una trasfusione in un caso di emorragia post partum utilizzando il sangue del marito della paziente. Negli anni successivi praticherà una decina di altre trasfusioni, sempre con sangue umano, ottenendo nella metà dei casi esito favorevole. Ormai si è capito che usando il sangue umano i rischi sono minori, anche se rimangono altissime le possibilità di reazioni anche mortali.

La conservazione del sangue
William Stewart Halsted, che ha legato il suo nome all’intervento di mastectomia radicale, salvò la vita della sorella trasfondendole direttamente il proprio sangue. Era il 1881 e soltanto nel 1913 un medico tedesco trasferitosi in America, Richard Lewisohn, scoprirà il metodo per conservare il sangue evitandone la coagulazione e raffreddandolo. Ciò ne consentirà un utilizzo differito nel corso delle due guerre mondiali sfruttando anche la creazione di speciali banche del sangue.

Premio nobel
Peraltro il biologo austriaco Karl Landsteiner nel 1901 era finalmente riuscito a determinare con i suoi studi che il sangue poteva appartenere a gruppi specifici A, B, AB, 0. Per questa importante scoperta avrebbe ricevuto nel 1930 il premio Nobel. Alla fine degli anni trenta, insieme a Alexander S. Wiener, avrebbe scoperto il fattore Rh.


Trasfusioni a rischio: Le malattie infettive
Le temibili reazioni immunitarie sembravano scongiurate. e comunque lo sviluppo della pratica trasfusionale sembrava non avesse più ostacoli. Ma proprio con la sua grande diffusione cominciarono a rendersi manifesti dei dati allarmanti. L’alta percentuale di gravi malattie infettive nei soggetti trasfusi. Dall’epatite B e C all’AIDS. Ciò avrebbe portato ad ulteriori controlli sul sangue del donatore tendenti ad evitare anche questo tipo di rischio.

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Fonte: Wikipedia